La storia della città

Cenni storici

Valmontone è un importante centro a pochi Km da Roma. La sua vicinanza con la Capitale e gli ottimi collegamenti stradali e ferroviari ne hanno fatto una delle città più importanti della zona sud della provincia romana. Sorge su un colle tufaceo, a 330 m. sul livello del mare. Il paesaggio che circonda l’abitato è prevalentemente collinoso e ricco di verde, grazie alla presenza del vicino fiume Sacco e di numerose sorgenti d’acqua. Le origini di Valmontone sconfinano nella leggenda. Sembra sia stata fondata da Glauco, figlio di Minosse, e chiamata Labicum dalla denominazione dello scudo di battaglia. Il nome VALMONTONE appare per la prima volta in un documento del 1139, e significa “valle soprastata da un monte”, in virtù del fatto che il centro abitato sorgeva su un monte sovrastante una valle. Nel 1208 Innocenzo III, della famiglia dei Conti, acquistò la terra di Valmontone e la affidò al fratello Riccardo, conte di Sora. In questo fiorente periodo Valmontone fu meta ricercata da importanti personaggi come Carlo VIII, re di Francia, ed Urbano VI. Nella prima metà del XVI secolo, a causa di alleanze e relazioni sbagliate, Valmontone fu saccheggiata dalle armate di Papa Paolo IV e dalle truppe di Marcantonio Colonna. Nel 1634 Valmontone fu acquistata dai Barberini e, nel 1651, dal principe Camillo Pamphilj, nipote dell’allora pontefice Innocenzo X. In quegli anni Valmontone conobbe il suo massimo splendore artistico e monumentale. Nel 1843 il pontefice Gregorio XVI, di ritorno da una ad visita ad Anagni, fece tappa a Valmontone e visitò il Palazzo Doria Pamphilj e la Chiesa Collegiata. Dello stesso anno è la Bolla con cui il Papa elevò Valmontone al rango di “Città”. Tra l’ottobre 1944 ed il maggio 1945 la città fu più volte bombardata e cannoneggiata dalle forze alleate che causarono la quasi totale distruzione del centro abitato e la morte di numerosi civili. Il 9 maggio 1960 è stata quindi insignita della medaglia d’argento al merito civile con la seguente motivazione: “Sopportava, con impavida fierezza, numerosi bombardamenti aerei che distruggevano la maggior parte dei suoi edifici e procuravano la morte di 157 dei suoi figli migliori, mai piegando davanti all’invasore in armi, né dubitando nei migliori destini della Patria”. Seppur risulti controversa la cifra delle vittime cadute sotto i bombardamenti, rimane l’evidenza storica ed umana delle profonde ferite sofferte dalla Città di Valmontone nel corso dell’ultimo conflitto bellico.

A Valmontone
Distrutta, dilaniata dagli artigli
del Dio Marte, giaci o Valmontone,
sparsero sangue e lacrime i tuoi figli
mentre su te tuonava il re cannone
Salvò la fine tua dai perigli
La città eterna, il santo cupolone
Onde puoi dire: son distrutta e doma
ma col mio petto ho salvato Roma.
Guido Fiacchi

Personaggi illustri

Giusto de’Conti di Valmontone Giusto de’ Conti (primi anni sec. XV – Rimini, novembre 1449), considerato dalla critica un protagonista indiscusso della lirica italiana del XV secolo, visse proprio nel periodo in cui si animò la stagione letteraria inauguratasi presso le grandi corti italiane dell’ultimo quarto del ‘400. Si formò, negli studi e nelle prime esperienze di lavoro, nell’ambito dello Stato della Chiesa, soprattutto a Roma, sostenuto dalla sua autorevole famiglia dei Conti di Valmontone. Fu poi consigliere e poeta presso la corte riminese di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Deve particolarmente la sua fama alla redazione del noto Canzoniere La bella mano, dedicato alla amata Isabetta e che lo pone tra i più significativi prosecutori della tradizione lirica petrarchesca.

La bella Mano
O bella e bianca mano, o man suave,
che, armata, contra me sei volta a torto:
o man gentil, che, lusingando, scorto
a poco a poco in pena m’hai sì grave,

dei miei pensieri e l’una e l’altra chiave
t’ha dato l’error mio; da te conforto
aspetta il cor, che disiando è morto;
per te convien che Amor sue piaghe lave.

Poiché ogni mia salute, ogni mia spene
da voi sola ad ognor convien ch’io spere,
e da voi attenda vita, e da voi morte

Giuseppe Ballarati  Giuseppe Ballarati (Valmontone, 8 aprile 1864 – Roma, 18 gennaio 1919) è stato uno dei più illustri personaggi a cui la Città di Valmontone ha dato i natali. Sulle orme del padre Achille, ex ufficiale garibaldino e primo Sindaco di Valmontone dopo la presa di Roma, si dedicò tutta la vita all’emancipazione delle classi meno abbienti, all’inizio in qualità di assessore comunale, poi in qualità di fondatore di uno dei primi giornali ad occuparsi in Italia della condizione dei contadini. Il primo numero della rivista, intitolata La difesa del contadino, uscì il 1 febbraio 1906. Finalità del giornale era occuparsi dei contadini in quanto classe sociale più disagiata e più debole, attraverso la creazione di un fronte compatto che superasse le diversità ideologiche e che si impegnasse nella rivendicazione dei diritti dei contadini e nella difesa dallo sfruttamento. Il giornale, primo nel Paese a trattare i problemi del mondo agricolo, ampliò nel corso degli anni il proprio campo di azione. Una delle battaglie più importanti condotte fu quella a favore dell’istruzione e fu portata avanti con grande incisività sui capifamiglia affinché consentissero ai propri figli di andare a scuola perché, come sosteneva Achille Ballarati, “più della povertà è l’ignoranza il peggiore male del popolo”.
Con il passare del tempo La difesa divenne la voce con cui gli emigranti potevano ricevere e fornire notizie, fare propaganda per un’agricoltura più moderna attraverso i nuovi ritrovati per la concimazione, la semina, la coltura e l’allevamento. Il 24 giugno 1906, nella Chiesa del Gonfalone di Valmontone, si svolse una riunione che viene considerata come la prima forma di referendum popolare nella storia d’Italia. Si trattò di un incontro pubblico cui vennero chiamati ad esprimersi i circa mille utenti delle terre riguardo all’approvazione della transazione con Casa Doria.
Nel 1923, a quattro anni di distanza dalla morte del suo fondatore, La difesa del contadino fu costretta alla chiusura in conseguenza dell’applicazione delle leggi fasciste sulla libertà di stampa.

Cardinale Oreste Giorgi  Oreste Giorgi (Valmontone, 19 maggio 1856- Valmontone, 30 gennaio 1924) fu un grande protagonista della storia moderna di Valmontone, insigne teologo e giurista affermato. Studiò presso il seminario di Segni e si perfezionò nel Collegio Panfiliano Romano laureandosi in Filosofia, Teologia e in Utroque Jure.
Insegnò per diversi anni Teologia presso il Pontificio Seminario Romano che abbandonò per avviarsi alla carriera diplomatica: fu avvocato presso le sacre Congregazioni Romane, Uditore e Sotto- segretario della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, Uditore della Sacra Rota e infine Segretario della Sacra Congregazione del Concilio.
Il 4 dicembre 1916 fu ordinato Cardinale da papa Benedetto XV.
Morì il 30 gennaio 1924; le sue ceneri riposano all’interno della piccola cappella di destra della Collegiata.Umberto Pilozzi Umberto Pilozzi (Valmontone, 27 ottobre 1899- Valmontone, 4 novembre 1924) di umili origini, figlio di contadini, partecipò attivamente alla Grande Guerra come uno dei “ragazzi del ‘99”. L’esperienza atroce al fronte non minò il suo carattere allegro, focoso e incline al canto, una delle sue passioni insieme alla politica, essendo iscritto al partito comunista. Il 4 novembre 1924 ci fu uno scontro tra due cortei che partecipavano alla sfilata per l’anniversario della vittoria italiana nella Grande Guerra, l’uno dei combattenti e reduci italiani che portavano il Tricolore e l’altro delle camicie nere con il gagliardetto fascista. A terra rimaneva, esanime, il giovane Umberto Pilozzi di soli 25 anni. Sebbene la sua morte non risulti registrata nel Libro dei Morti della Collegiata né su quello di S. Stefano, la sua memoria vive nella dedica della Piazza che la cittadinanza ha intitolato a suo nome e nelle lapidi poste sul luogo della sua morte.
“Sulle rovine di Valmontone, non lungi dal luogo ove cadde assassinato dai fascisti il compagno U. Pilozzi, i suoi vecchi compagni che con lui tentavano di arginare l’orda dei futuri distruttori della Patria, i nuovi compagni e la cittadinanza in quest’alba di resurrezione questa lapide posero a memoria dei posteri, a monito degli immemori. Addì 10-12-1944”
“Nel 50° anniversario della barbara uccisione di Umberto Pilozzi il comitato antifascista di Valmontone ne ricorda la figura a monito imperituro. 4-11-1974”